Anna Bąk “Belly-talker” presso eastcontemporary, Milano


Engastrimito
(ἐγγαστρίμυθος, lett. “parlatore di pancia”), un discendente stregonesco delle antiche Sibille o profetesse. Gli Engastrimythoi, spesso maschi, erano ventriloqui che mascheravano le loro voci e facevano espressioni mantiche, come se una divinità o un demone agisse al loro interno e parlasse attraverso di loro. (L’Oxford Dictionary of Bisanzio)

La pratica artistica di Anna Bąk è un movimento costante dall’interno verso l’esterno e dall’esterno verso l’interno. I materiali trovati, pigmenti, ritagli di tessuto e altri elementi più misteriosi vengono alla luce durante le trasformazioni create dal corpo dell’artista. Un organismo che accumula costantemente informazioni e si trasforma sotto l’influenza delle proprie azioni e delle relazioni con la materia utilizzata in quelle azioni. Lo scambio estremamente sensibile di impulsi con l’ambiente, le sue singole parti, le loro proprietà superficiali, la struttura, la consistenza e le reciproche interazioni porta all’emergere di paesaggi temporanei e dinamici. I misteriosi dipinti e oggetti dell’artista non mostrano un luogo dato, non ne rappresentano il lato visivo, non ne rispecchiano l’aspetto, ma raccontano, o più precisamente, sono una cronaca dei suoi flussi energetici e della sua abitazione. Racchiudono l’esistenza e le storie di tutte le entità che sono emerse e hanno svolto il loro ruolo nel plasmare lo stato attuale delle cose. La ricostruzione delle relazioni presenti in un determinato luogo avviene attraverso il collegamento intenzionale del proprio corpo con le effimere costellazioni dell’ambiente, l’incarnazione del relazionarsi tra loro cose e creature, le loro interazioni, l’atteggiamento verso se stessi e la propria fisicità.

In passato, le persone si sdraiavano in fosse poco profonde, si coprivano di foglie e rimanevano così per un paio di giorni e notti. Altri partirono dal villaggio e, in una piccola capanna, rannicchiati in posizione fetale, sprofondarono nell’oscurità della notte profonda come quella prima del primo giorno. In questo modo sono tornati al loro luogo di origine, il ventre della Terra, grembo della mitica Madre, da qui sono tornati nati una seconda volta con nuove conoscenze, forza e destino. Ciò avveniva in un’epoca in cui la luna era il cronometrista e gli snodi di ogni esistenza avvenivano in stile lunare. A differenza del sole, che ci si può aspettare tutti i giorni, la luna muore e scompare per un paio di notti per rinascere gradualmente. Il ritmo lunare offriva il tempo di trasformarsi.

Il futuro si estendeva quindi dal cielo fino alle profondità sotterranee. La gente ha augurato il corso degli eventi imminenti dal movimento degli uccelli nel cielo. Il gregge, vorticoso in una coreografia apparentemente caotica, in quel momento non faceva altro che dare segni che si potevano leggere se si sapeva cosa è cosa. A quei tempi, il chiacchierone sedeva su un buco nel terreno e prediceva il futuro con vapori tellurici. Profeti, oracoli e indovini trasmettevano le loro profezie in uno stato di trance o di frenesia. Le loro espressioni deliranti erano sconcertanti e facili da fraintendere. Ovviamente, erano solo oscuri ed estranei agli osservatori esterni incapaci di impossessarsi della sintassi interiore dell’estasi.

Le odierne controparti delle profezie rapiscono per la loro grandezza tecnologica, impressionano per l’essenza complessa dei sistemi informativi che le generano. Intelligenza artificiale, machine learning, big data analysis. Nel romanzo Luogo Solus da Raymond Roussel, c’era un personaggio che era un indovino usando le carte dei tarocchi fatte da un abile orologiaio. Negli strati più profondi di ogni carta, c’era un meccanismo che imbrigliava insetti estremamente piatti per funzionare. Quando l’indovina cantava la sua canzone, i vermi controllati dalla macchina si muovevano, creando una foschia di fumo colorato e rispondevano con un suono melodioso. L’immaginazione è tutto, probabilmente anche in termini di progettazione di sistemi informativi che creino scenari altamente probabili di ciò che accadrà oggi. Prevedere il futuro era una volta possibile grazie alla fusione con il soprannaturale. Nella mia ingenuità, percepisco allo stesso modo i moderni programmi avanzati per la costruzione di modelli di possibile comportamento dei consumatori, fenomeni meteorologici o probabilità di criminalità. Nella mia mente, le potenti reti IT raccolgono quasi magicamente quantità incredibili di dati dall’ambiente in tempo reale, che vengono analizzati al volo trasformando algoritmi. Nella mia ingenuità, percepisco allo stesso modo l’azione degli antichi oracoli, oracoli che entravano in contatto con gli strati più profondi della realtà circostante permettendo loro di parlare. Di norma, vedo anche il lavoro degli artisti in un modo simile: aiutare il mondo rivelando verità mistiche.

I cambiamenti dominano nei dipinti e negli oggetti di Anna Bąk. I cambiamenti sono una caratteristica interna della loro percezione. I materiali che provengono da diversi universi sono soggetti a sottili e multiple trasformazioni in essi. Sono smembrati, parzialmente spogliati delle loro vecchie qualità e caricati o dotati di nuovi. Le irregolarità delle sostanze non sono qui né uniformi né ritmiche; sono le frequenze variabili che determinano l’impulso differenziale di queste composizioni poliritmiche. Un taglio verticale dinamico, un rallentamento nella discesa ariosa, una forte neurostimolazione del colore, fino a una collisione con un telaio rigido quasi tettonicamente sorprendente. Ciascuno di questi assemblaggi è un intero qui e ora, un mondo separato, emerso da una serie di incontri: collisioni violente e carezze gentili. La forza trainante di questi eventi è la curiosità sensoriale fino al livello molecolare. Il movimento verso l’altro, la ricerca dell’essere vicini e la trasformazione reciproca consentono a fenomeni diversi di manifestare un essere completamente nuovo.

Di fronte a queste opere, un’insaziabile fame sensuale e un’irresistibile tentazione al contatto si liberano dagli strati più profondi della memoria. Perdersi nella devozione fisica, riposare in un abbraccio, perire nel mondo esterno e sprofondare completamente nel presente. Non riesco a ricreare la straordinaria intensità di coscienza durante la quale queste opere sono state generate. Posso visitarli, trascorrere del tempo con loro, in cui ascolto la voce dal mio istinto e la “danza di creazione di soggetti e oggetti, e il coreografo è un imbroglione”. (Donna Haraway, Stare con problemi, fare parenti nel Chthulucene. Capitolo 7. Una pratica curiosa, p. 127)

Jakub Bak

a est contemporaneo, Milano
fino al 03 settembre 2022



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